1987 berger-japIl 1987 era stato dominato dalle potentissime Williams-Honda di Nelson Piquet e Nigel Mansell i quali, a parte qualche "disturbo" dovuto ad Alain Prost e Ayrton Senna, si erano aggiudicati quasi tutte le gare dell'anno e dovevano solo stabilire chi di loro due sarebbe riuscito a guadagnarsi a scapito del rivale l'agognato titolo mondiale piloti.

Il finale di stagione stava però portando alla ribalta una ritrovata competitività della Ferrari che, grazie al continuo potenziamento del proprio motore turbo, aveva già sfiorato la vittoria in Portogallo con il nuovo acquisto Gerhard Berger: l'austriaco infatti, autore della pole e del giro veloce, ma anche di uno sciagurato testacoda a poche tornate dalla fine, aveva lasciato il trionfo settembrino dell'Estoril alla McLaren di Prost.

Le successive corse in Spagna e Messico non erano andate bene e il digiuno di vittorie Ferrari stava così proseguendo da oltre due anni, da quando cioè Michele Alboreto aveva prevalso nel rinnovato Nurburgring nell'agosto del 1985. Eppure la vettura di Maranello era oramai affiancata alle prestazioni della Williams, e le ultime due gare in programma a novembre in trasferte oltreoceaniche promettevano bene; specialmente Suzuka, circuito misto veloce, era la pista dove, nel giorno di Ognissanti, si attendeva il riscatto rosso. In prova Mansell aveva sbattuto, e il colpo accusato alla schiena lo aveva costretto a disertare il GP, lasciando così automaticamente il Mondiale al detestato compagno Piquet. Berger, autore di una convincente pole position, aveva così un avversario in meno ed era il naturale favorito della corsa, che stavolta infatti non riservò sorprese: la Ferrari risultò di gran lunga la monoposto più veloce, con Berger vincitore e con Alboreto, partito malissimo e finito dopo lo start all'ultimo posto del gruppone, capace di una notevole rimonta che lo portò ad un brillante quarto posto conclusivo.

Due settimane dopo, a metà novembre esatto, nell'inoltrata primavera australiana di Adelaide, la Ferrari fu capace di ripetere senza problemi il trionfo del Giappone: Berger fece un briallante "hat trick" (pole, vittoria e giro veloce) precedendo il compagno Alboreto, salito sul secondo gradino del podio dopo la squalifica di Senna e della sua Lotus a sospensioni attive ma con prese d'aria dei freni irregolari.

L'anno successivo tutti si aspettavano la conferma Ferrari, ma Ron Dennis portò alla McLaren proprio il fuoriclasse brasiliano assieme ai motori Honda, e Murray progettò la stratosferiaca McLaren MP4/4. L'introduzione della valvola pop-off da parte della Fia, per limitare la pressione di alimentazione dei turbocompressori, fu poi un probabile aiuto alla scuderia anglo-giapponese, la quale trovò il modo di sistemarla con un accrocchio furbissimo in una zona del cassoncino di aspirazione dove la pressione era probabilmente inferiore al massimo raggiunto dal sistema di alimentazione. Il super telaio di Murray con la coppia stellare Prost-Senna fece il resto: con quindici vittorie su sedici gare la McLaren fu protagonista in pratica di un campionato a parte, annichilendo tutti e lasciando solo le briciole dei piazzamenti a tutti gli avversari.